Antimo Marandola
Biografia Professore Antimo Marandola
Anagraficamente sono Antimo Marandola, nato a San Vittore del Lazio in provincia di Frosinone, il 5 maggio 1952, da una famiglia di umilissime origini.
La scelta di iscrivermi a Giurisprudenza fu fortemente voluta da mia madre per il fatto che vicino a casa, viveva un avvocato che aveva una bellissima moglie, una bellissima casa e bellissimi figli. Per mia madre la laurea in Giurisprudenza comprendeva l’intero pacchetto e io non volevo altro che farla felice.
Ma ero curioso di capire che razza di famiglia eravamo, stante un forte pudore che nascondeva molti particolari.
Sapevo che il mio nonno materno, proveniva da una famiglia che era dovuta scappare dall’Italia, poi dalla Spagna e si rifugiò in Brasile da dove mio nonno partì per arruolarsi nell’esercito Usa, e venire a combattere nella Prima Guerra Mondiale. In Italia conobbe mia nonna e decise di rimanerci.
Con l’avvento del fascismo, mio padre che non era ebreo, fu deportato a Dachau, come oppositore politico mentre mia madre, ebrea, capì subito l’aria che tirava e se ne andò in montagna con i partigiani, tra i quali alcuni fratelli di quello che sarebbe diventato suo marito e mio padre. Sapevo che la famiglia di mio padre si era fatta onore ed aveva guadagnato una medaglia d’Oro per la Resistenza, ma era un onore diverso da quello degli intellettuali di cui leggevo sui libri di scuola perché loro erano dei contadini.
Con la laurea mi ritrovai a non voler fare l’avvocato ma mi intrigava il mondo dell’alta finanza con il mito dei grandi capitali che si spostano come piume al vento e allora decisi di specializzarmi in Diritto Finanziario, scoprendo che l’Italia era digiuna di tanti strumenti largamente usati all’estero. Ne approfondii uno, forte del fatto che c’era solamente un altro italiano che lo adoperava in Italia. In breve tempo mi ritrovai a fare il consulente per grandi imprese e per le banche italiane alle quali “vendevo” la mia conoscenza delle banche estere, su cui, nel tempo incominciai a scrivere anche dei saggi, pensando che fosse un buon modo per farmi pubblicità
La fortuna volle che uno di questi saggi, “Grecia: il disastro esemplare” finì nelle mani giuste e fu apprezzato il fatto che un anno prima che scoppiasse il problema Grecia, io l’avessi già descritto, non perché avessi avuto una sfera di cristallo, ma perché avevo saputo mettere in fila i dati che erano sotto gli occhi di tutti. Quel saggio mi valse la nomina a Professore Incaricato e tenni un corso di Geopolitica e Internazionalizzazione all’Istituto Studi Bancari di Firenze a cui seguì un corso nel master in Economia della Statale di Milano.
Sistemato il mio modo di sbarcare il lunario, mi rimaneva da capire cosa significasse essere ebreo e, conseguentemente venne a galla una domanda tanto dura quanto irrisolta: perché la Shoà? Sull’argomento avevo letto tanto, ma più leggevo, meno capivo, affatto aiutato dai Rabbini che avevano sempre una risposta disarmante: “Se non capisci, vuol dire che devi studiare di più.”
“Studiare”, capii che era quella la parola magica e allora,abbandonai le “letture” e decisi di affrontare il problema con più metodo, come se mi fossi dovuto preparare per un esame, tornando a dividere la mia giornata, per metà dedicata al dovere, e l’altra metà al piacere di studiare e trovare la risposta alla domanda che diventava sempre più pressante.
Da quel momento sono passati ormai dodici anni, ho dato le dimissioni da tutti gli impegni e mi sono concentrato sulla ricerca storica direttamente sulle fonti, negli archivi, studiando i giornali dell’epoca e sono arrivato ad alcune conclusioni che riporto nel libro ”Le mani sporche della Chiesa nella Shoà.”
Mi consola il fatto che almeno i miei figli avranno di che capire cosa significhi essere ebrei.