Il Vaso di Ferro Editore

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Brutti, sporchi e cattivi.

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Chi siamo?


 

Siamo brutti, sporchi e cattivi!

Parafrasando il titolo di un celebre film possiamo definirci in questo modo anche per anticipare le ovvie critiche di tutti coloro che si sentiranno feriti dalle nostre considerazioni.

Brutti. Probabilmente, non siamo degli adoni ma tra noi ci sono anche delle gentili signore che non hanno proprio alcuna vicinanza con la bruttezza. Hanno accettato e condiviso anche questo editoriale per lo stesso motivo per cui abbiamo deciso di non firmare nessuno dei pezzi che verranno pubblicati perché saranno sempre condivisi dall’intero collettivo.

Sporchi. L’aspetto fisico può essere senz’altro definito sporco se raffrontato con la decisa pulizia interiore. Ci siamo trovati a condividere le nostre idee provenendo da ambiti professionali disparati, attirati solo dall’idea di scrivere forte e chiaro che intendiamo sconsacrare la storia, eliminando tutto ciò che si è sedimentato senza prove. 

Cattivi. Assolutamente si. Cattivissimi con chi si permette di anche solo sfiorare i Diritti dell’Uomo. Non avremo mai paura di strillare o di prendere in giro i deficienti che fanno della loro e dell’altrui ignoranza una forza di sfondamento.

Siamo uomini e donne; bianchi e neri; polentoni e terroni; cristiani ed ebrei; ciccioni e mingherlini; biondi e bruni; politicamente bianchi e rossi; italiani, comunitari ed extra comunitari; del sud e del nord; omo e etero sessuali; amanti della cultura, della fatica di stare sui libri a studiare o negli archivi a scartabellare; curiosi più delle scimmie, follemente innamorati del dubbio e della ricerca. Abbiamo figli ma l’unica eredità in cui crediamo è quella genetica e il valore dell’esempio. Discutendo per scrivere questa frase abbiamo scoperto che nessuno della redazione ha avuto genitori ricchi, neppure laureati, e che tutti ci siamo mantenuti agli studi con lavoretti, fantasia e borse di studio. Tutti abbiamo rubato e anche tanto, ma solo il tempo sottratto ai figli e al divertimento.

Per completare la nostra presentazione è opportuno spendere un po’ di parole per mettere in chiaro una scelta metodologica decisa all’unanimità: il linguaggio. Tra noi ci sono cattedratici e professionisti, tutti con alle spalle successi professionali più o meno importanti che, tra l’altro, dalla maturità liceale ci hanno portati ad usare le buone maniere, il politically correct, il linguaggio consono ai tanti salotti frequentati ma i capelli bianchi di alcuni e il sentimento di vivo sturm und drang di altri ci hanno determinati a voler abbandonare certe circospezioni per abbracciare con entusiasmo il linguaggio che più si addice al pubblico che intendiamo raggiungere. A scelta, potete fare riferimento a Pirandello o alla dottrina di Mc Luhan per capire la nostra volontà di calibrare il messaggio in funzione di come il lettore – personaggio, destinatario, o target – possa meglio afferrarne la sostanza. Riteniamo che la scelta del linguaggio non sia una questione di educazione perché un pezzo di merda come altro potrebbe essere definito? Alcuni si sentiranno offesi? Vorrà dire che avremo centrato il nostro obiettivo di uscire fuori dalla melassa dei convenevoli ed essere riusciti a scuotere una coscienza! Risparmiatevi quindi le reazioni sdegnate come pure le sequenze di epiteti coloriti. Nella nostra esperienza ne abbiamo sentite di tutti i colori e non ci siamo fatti turbare neppure in  un sonnellino pomeridiano. La sfida dovrebbe essere sui contenuti delle critiche che desideriamo numerose e ben nutrite. 

I social permettono di ampliare la platea dei contestatori ed allora l’invito è di segnalare questi brutti, sporchi e cattivi ma anche di collaborare con noi promuovendo il vostro pensiero. La nostra unica e categorica preoccupazione è il rigore assoluto rispetto ai fatti e alla documentazione di corredo.

Tanto per cercare di sgomberare il campo dalle battute più idiote, non siamo risponditori automatici o fake ma persone in carne ed ossa. La prova? Se avessimo inventato una macchina capace di rispondere e scrivere con così senso logico, non pensate che l’avremmo già potuta vendere alla Casa Bianca o a Putin? 

Perché un nuovo contenitore di storia sconsacrata? Se ne sentiva la mancanza? Certamente no, ma viviamo tempi in cui l’ignoranza è stata elevata a vanto di tanta gente che si arroga il diritto di menare i docenti e allora abbiamo sentito l’esigenza di levare un muro per arginare l’ignoranza, prendendo come nostra bandiera la saggezza di Camus che disse: “dobbiamo opporre la comunicazione che abbiamo raggiunto […] la nostra comunicazione oggi deve essere rafforzata se vogliamo salvarci dall’assassinio.”

E’ la nostra arma, per niente pacifista, che puntiamo dritto alla tempia di tutti coloro che deridono i Diritti dell’Uomo e che vorrebbero ergersi a novelli ducetti. Certi loschi figuri vanno sterminati da piccoli, con la forza della Ragione. In questo senso ci dichiariamo arruolati in servizio permanente effettivo ed imbracciamo l’unica arma che sappiamo usare, la comunicazione, perché domani non se ne debbano imbracciare altre.

Dedichiamo questa testata e il nostro lavoro ad una oscura donnetta che, a nostro giudizio, è un gigante di tutti i valori umani. Lo dedichiamo a Costanza Calò Sermoneta che, scampò per caso alla retata al ghetto di Roma e raggiunse la Stazione Tiburtina. Si consegnò ai tedeschi per restare vicina a suo marito e ai suoi cinque figli. 

Che la sua memoria sia di benedizione.

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